giovedì 25 febbraio 2010

FOBOFOBIA

"Ci stiamo tutti autodecomponendo" Palahniuk.


Non so come io possa interagire con voi in tal modo, ma ne approfitto visto che mi riesce.
In realtà arriverete alla fine e forse vi chiederete perchè???
Perchè ho sprecato così dieci minuti o più della mia vita?
Perchè infondo la natura dell'umano essere è chiedersi continuamente perchè da quando impara l'arte della parola...
Ebbene questo per dirvi che se volete lasciare perdere, forse siete ancora in tempo, non per scoraggiarvi, ma per ammonirvi...non aspettatevi nulla da me.

Io lo osservo sempre minuziosamente da quando mi trovo a vivere in casa sua.

Si sveglia.... capisco che si è ridestato perché la porta della sua stanza si apre, ebbene, mai è accaduto che dormisse con l’uscio aperto, credo che non ne sia proprio in grado.

Sposta la sedia che mette vicino al letto, sì, ha paura di non sapere dove appoggiare eventualmente gli arti superiori durante l'abbraccio di Morfeo, se non ha la sedia, il timore che le braccia lo trascinino verso il pavimento nel muoversi incontrollate, lo turba tanto da non fargli chiudere occhio.

Missione successiva? Alzare le tapparelle.

Dite cosa di poco conto? No, fidatevi, per lui non è proprio così.

Inizia con quella della stanza, poi solleva tutte le altre…che c’è di strano?

Che ogni tapparella deve essere all'altezza millimetrica delle altre e questo pùò comportare non poco tempo e non poca agitazione.

Entra e esce quasi in preda alla taranta dalle stanze per controllare, con il suo sguardo ormai avvezzo al millimetro, se tutte sono ben sistemate…voi potrete anche non crederci, ma non è stata cosa rara che abbia avvisato al lavoro di fare tardi perché non si riusciva a dare pace nel non averle abbastanza allineate...metro alla mano, nei momenti più delicati.


Dopo aver assecondato tale istinto irrefrenabile esso si siede soddisfatto a tavola, davanti alla sua tazza di latte e caffè, né troppo calda, né troppo fredda, sui 25°C credo.

Vi intinge i biscotti

1... 2... 3... 4... 5... 6... 7... 8…..

comunque sia, sempre in numero pari…sia mai che nel pacchettino i rimanenti possano sentire la solitudine del compagno!


A me sarebbe tanto piaciuto essere ipnotizzato da uno di quegli orologi a pendolo, ma lui è affetto da pendofobia, solo l’orologio a muro scandisce le ore.

L’ora di recarsi nella stanza da bagno era giunta: lì tronfio e fiero osserva come ha ben piegato gli asciugamani....

tutti rigorosamente....

rivolti dallo stesso lato.

Tutto ciò non prima di aver acceso la radio, regolando minuziosamente il volume in maniera che esso non corrisponda mai ad un numero pari.

Quando è in casa indossa i classici pantaloni a rombi del suo affezionato pigiama, suole come abitudine tenere sempre l’indice e il medio della mano sinistra all’interno dell’elastico, a piccoli intervalli, muove ritmicamente le dita….mhà…a volte proprio non lo capisco!

In casa nulla è simmetrico, ebbene sì, soffre di simmetrofobia, quindi tutto, e per tutto intendo tutto, è disposto in maniera tale da essere sfasato, anche i mobili sono stati costruiti su misura per non avere scaffalature sullo stesso piano.

Neppure in frigorifero i barattolini, chiaramente disposti con l'etichetta ben in vista e divisi sui ripiani per ordine di scadenza, sono simmetrici.

Dopo una serie di rituali che non mi dilungherò oltre a narrarvi, prende l’occorrente per recarsi al lavoro, ovviamente non prima di aver controllato svariate volte che:

  • il gas sia chiuso;

  • gli interruttori della luce siano tutti posizionati nello stesso verso, possibilmente con il bottone in alto;

  • di avere con sé le chiavi e qualsiasi oggetto ritenuto indispensabile.

Spesso rientra in casa più e più volte prima di essere “tranquillo”.


Quando mi capita di uscire con lui, perchè talvolta sento la necessità di respirare l’aria mattutina, vedo che salta sempre l’ultimo dei tre gradine dell’ingresso, climacofobico…già!

Un passo avanti... se pensate che un tempo li saltava tutti e tre…

Nel caso in cui le scale da affrontare siano troppe, cerca di saltare più gradini possibili o per distrarsi, li conta.

Non so bene come trascorra poi tutta la giornata…..ma posso immaginare tutto ciò che evita dal momento che è dromofobico, quindi di sicuro si muoverà a piedi, evita di passare davanti ad ogni edificio sacro per sfuggire alla sua ecclesiofobia, (a causa di traumi infantili dovuti agli anni della materna in compagnia delle suore, così ho sentito), nonché di passare su qualsiasi ponte...già pure gefirofobico.

Tutto questo lo posso però solo immaginare, conoscendolo e avendo spesso ascoltato i suoi discorsi, ma nel dettaglio…bè…non posso raccontarvi molto se non ciò che io stesso osservo.

Quando torna poi a casa nel tardo pomeriggio, spesso ha innumerevoli scartoffie, su cui, magari, deve anche solo mettere una firma, ma la sua scriptofobia, gli impedisce di farlo in pubblico.

Quando apparecchia il tavolo per la cena dispone sempre il coltello in maniera che la lama sia rivolta verso il piatto, mangia sempre i legumi in numero dispari, i tuberi in numero pari, lascia sempre un dito di acqua nel bicchiere, pesa la pasta in maniera che sulla bilancia digitale non compaia mai come ultimo numero il 9…e anche qui, potrei dilungarmi alquanto e in maniera morbosamente noiosa, forse più delle morbose fobie e manie del mio caro coinquilino.

Era una domenica 14 alle 14:00 quando suonò il campanello, già un motivo di presagio nefasto per un triscaidecafobico, lui và ad aprire e io lo seguo incuriosito dalla possibilità di avere un ospite cosa assai rara come potrete intuire…

Ebbene, la scena che si svolse è tra le più surreali a cui abbia mai assistito in vita.

Apre e…

prima sbiancò,

poi sudò freddo,

gridò impaurito con gli occhi fuori dalle orbite, come se la morte in persona fosse lì fuori, chiuse repentinamente la porta e come un ossesso corse per tutto il salotto imprecando e agitando le braccia....

Venustrofobo. Era la bellissima nuova vicina della porta accanto.

Xantofobo. Era di giallo vestita.

Enofobo. Aveva una bottiglia di vino come dono.

Ah...se in quel momento fossi riuscito a parlare....

-CoglioOOOOne....- gli avrei gridato.

Non lo feci…in realtà ora se ci penso mi scappa pure da ridere sotto i baffi.

Fa da se che lei pensi che sia un pazzo squilibrato ed eviti da sempre di incrociarlo, mentre con me, bè...spesso mi invita pure a pranzo!

Questa sera lo vedo davvero turbato, per calmarsi beve piccoli e frequenti sorsi di gin, seduto sul divano.

Ogni tanto mi fissa e un po', devo dirvi la verità, mi inquieta.

Ormai è ubriaco e come al solito, quando è ubriaco, parla in tedesco…..

quindi tra la sua pronuncia stentata e il classico strascico delle parole da sbronzo, lo comprendo poco....

In più devo schivare tutti quei piccoli schizzi di saliva che mi si posano addosso, che schifo, davvero.

Mi pare che la sua preoccupazione sia la seguente:

Quando morirà quale sarà il destino del suo corpo?

Ha paura della polvere quindi non potrà farsi cremare...troppo amatofobico...né essere sepolto....tutti quegli insetti....entomofobia che fa venire la pelle d'oca...ah pelle d'oca...alectofobia.

Continua così fino a notte innoltrata, poi.... non ne posso più e voglio che la finisca con questo ciarlare in lingua teutonica e allora intervengo.

Mi stiracchio, salgo sulle sue ginocchia, mi ci strofino addosso e miagolo.

Lui mi accarezza e inizio a fare le fusa, sembra che questo metta in fuga tutte le sue paure.


Insomma, io non so perchè vi ho raccontando tutto questo, davvero, vi avrò fatto annoiare e sbadigliare.....io volevo solo dirvi che tuttavia essere un gatto...non è così male visto come... vi siete ridotti voi umani.







_____iO e Alice e il condominio vi salutiamo....una vocina oggi ci ha detto di ricordarci che "il condominio può tutto....ehm...speriamo...e se fosse così...iniziate a tremare____


domenica 21 febbraio 2010

Noi...PseuDoprOfili dalle aureole AranciOfluO






Sì...il tutto è iniziato con una giostra di scimmioni...pesanti, quasi più orsi che scimmie......
un gelo e un ritorno allo stadio larvale.

Poi..........






iO e Alice abbiamo la fortuna di conoscere una mantide religiosa che ha come "mariti" delle ciambelle.... al cioccolato....
glassate di cioccolato.....
E' sì...è una danzatrice...






__________una musica surreale quasi quanto alcuni spettatori____________


Una doverosa colazione, i vizi che si appiccicano addosso e si tramandano come fossero un "patrimonio genetico" a chi è vicino a te.


Ci sono coppie che litigano, su marciapiedi gelidi, nelle nottate stellate, proprio dove non dovrebbero essere.



Una sagoma, no...due....
sciatica,
un cavalletto trasportato come un'arma bianca...
spara proiettili di click.
Nel silenzio..
nel vuoto....
sull'asfalto gelido....
parabrezza che parlano...
INSONNIA.




E.... vennel'acquachespenseilfuocochebruciailbastonechepicchiailcanechemorseilgattochesimangiòiltopoche....
....
C'è qualche cosa prima dell'acqua?
Eppure in America i taxi si fermano...mhà...


_____Morfeo______scacciato da una suoneria artificiale____








Altalena per una giornata di sole,
Hoga immortala,
il tempo che scorre.
Coppie silenti,
Voialtri...al tavolo...invadenti!
"Non vogliamo proprio fare la conoscenza di nessuno".





____Un fine settimana per PseuDoProfili dalle aureole aranciOflUo______




D'altronde...così è andata che dovevamo dire???

mercoledì 17 febbraio 2010

bOnniE






Una semi-oscurità avvolgeva la stanza,
diffusa una luce calda dai toni rossastri-aranciati,
color tramonto che se ne và,
color dell’autunno,
emanata da un sole artificiale, intrappolato in una metallica gabbia rivestita di una tela fin troppo popolata da acari….abatjour chiamavano là fuori quest’astro.
Un soggiorno,
persiane chiuse,
un’ora notturna in strada,
un tempo che non si calcola neppure come tale,
una data imprecisa su un calendario da troppi anni appeso alla parete.


Bonnie se ne stava sulla sua poltrona di velluto,
seduta,
a fissare lo schermo luminoso del televisore,
luce fredda e gelida in quel tramonto di colori.
Lo sguardo era fisso e vi potrebbe anche sembrare concentrato, ma la mente era assai lontana,
aspettava che le due lancette si sovrapponessero al
XII dell'orologio.

Bonnie se ne stava accartocciata così,
le gambe unite,
nella sagoma ormai impressa in quell’arredo fin troppo a buon mercato.
Sulle ginocchia lei,
la accarezzava lentamente con la sua mano piccola e affusolata,
ad ogni tocco delicato scopriva particolari del suo corpo, sfuggiti prima allo sguardo.

Le sembrava di udire un sordo brontolio come fossero fusa.


[flashback]


Il mercoledì precedente aveva incontrato Klavdiy, solo Bonnie usava il suo vero nome, per tutti era il “russo”, anche se in realtà russo non era, era polacco, ma si sa, noi yankee tendiamo a chiamare russo chiunque beva vodka, la geografia non è il nostro punto forte.
Il “russo”, come d’accordo la aspettava da Starbucks sulla 3rd Avenue.
A quell’ora l'appuntamento sarebbe passato più che inosservato,
un marasma di folla che entrava e usciva per disassopire il proprio torpore,
usufruendo dell’onesta caffeina in bicchieroni supercalorici.

- Ecco la mia americana preferita- si rivolse a Bonnie squadrandola da capo a piedi - sembra che non te la passi bene, tesoro eh?
Bonnie salutò, ma non rispose alla domanda.


Ordinarono, un Mocha Frappuccino per lei e un Vanilla Bean Frappuccino per lui, una bevanda dolce che stonava con gli aspri profili e la durezza dell’uomo.

Fino a metà bevanda i due rimasero in silenzio, poi fu sempre

Klavdiy a rompere il ghiaccio: -Che ti serve dolcezza?
-Una pistola.

-Uhm…non ci giri molto attorno. La mia americana sa quel che vuole. Sei nei guai?

-Ti ho chiesto una pistola non di farti gli affari miei!

-Andiamo però a fare due passi, troppe orecchie qui.

Si diressero verso il magazzino in cui lavorava “il russo”, di facciata un autofficina, il retro un negozio di piombo.

- Bene. - Si schiarì la voce l'uomo- La ragazza vuole una pistola. Ora vedo se ho qualche cosa che faccia al caso di una “borsetta”.

Bonnie odiava essere trattata come una debole, anche se ciò non toglie che lo fosse.

-Fanculo Klavdiy, voglio un'arma, non un fottuto giocattolino. Un'arma. Per chi mi hai preso?Non ti ricordi forse chi sono?
- Da, da... l'americana sa ciò che vuole...- ma tra sé pensò che dalla morte di Gregg non era più la stessa Bonnie.

Il “retro di piombo” pullulava di sbrillucicanti metalli da assalto: piccole e lucenti, ma letali....grandi e impegnative da pofessionisti della morte.


- Ecco il gioiellino... da, da – così dicendo il russo sfilò da un cassetto una revolver nera come la notte più cupa -Smith & Wesson 327, calibro 8, 357 Magnum, otto colpi, rotazione del tamburo antioraria. Si apre così, vedi? Spingi in avanti la slitta, con cura mi raccomando.

Bonnie seguiva ogni gesto con occhi avidi e gesti nervosi.

- Vedi dolcezza? Questi sono i livelli di sicurezza, sono due. Appena sopra la slitta, qui, c'è un cilindretto, bene a questo punto...usi la chiave in dotazione, giri in senso orario e la “bimba” è bloccata. Ripeti all'inverso il processo, premi il grilletto e bum bum bum....

- Perfetto. Tutto chiaro.
[ fine del flashback]


Bonnie tese la mano per afferrare il suo bicchiere di brandy, si lanciò un Roipnol da 1mg in gola e lo deglutì facendosi aiutare dall'alcol bruciante. In poco l'effetto si fece sentire, una grande tranquillità la pervase.

Ora non rimaneva che attendere, le mani accarezzavano la “bimba” e gli occhi puntavanole lancette.

Ci siamo quasi... "Cinquantacinque, cinquantasei, cinquantasette, cinquantotto, cinquantanove...".

Scocca la mezzanotte.

Prese la sua “bimba” .....
fece ruotare il tamburo,
sussurrò un flebile "ciao" ai proiettili,
calibro 8,
tolse la sicura.

- Buon compleanno a te, cara Bonnie.

Fissò negli occhi la sua “bimba” , impugnandola con entrambe le mani, se la avvicinò alle labbra morbide, le aprì accogliendola nella sua bocca.


Premette delicata il grilletto.

Bruciore.

Frammenti di Bonnie.

Bonnie irriconoscibile.


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- Stop. Stop. Bene, buona buona cazzo...sei stata fantastica.

Si alzò, la scena era finita, era stravolta, le era costato molto farla.

Sorrise debolmente e mentre tutta la troupe festeggiava la fine delle riprese, lei si sedette nel suo camerino davanti al grande specchio, una lacrima le solcava il viso.

Aprì il cassetto....

ed eccola lì...........


la sua....


“bimba” .




___iO e Alice___ siate tiratori spietati.

lunedì 15 febbraio 2010

O-Ren Ishii


Stanchezza.
Silenzio.
Stanchezza.
Silenzio.
Stanchezza.
Silenzio.
Stanchezza.
Silenzio.
Stanchezza.
Silenzio.
Stanchezza.

_________________________________________________________________





Il condominio è in silenzio e accoglie una nuova inquilina, O-Ren Ishii.
.........Anche il post fà tristezza....


giovedì 11 febbraio 2010

Juliette Greco


Fuori dal locale in cui mi ero stipata,
la notte aveva già inghiottito da tempo il giorno.
Se l'era divorato,
sbranato,
ferocemente,
approfittando del cielo nuvoloso gli aveva teso un agguato,
infida e affascinante come una serpe, l'aveva attirato nelle sue spire.
Una sordida trappola?
Il vociare che prima aveva colmato i tavoli, le sedie e il bancone, ora era scemato, rimaneva nell'aria solo "Romance".
Mi sentivo antica,
seduta a fissare il buio,
l'asfalto che luccicava per la pioggia, sotto lo sguardo dei lampioni.
Quella melodia... voce di donna,
le sue parole sono a me incomprensibili, suoni stuggenti,
tutte le canzoni francesi sembrano parlar d'amore.

Dietro il bancone il barista asciuga bicchieri,
li lucida,
li posiziona delicatamente, senza lasciare impronte sui calici,
in fila,
sulle mensole dietro di lui, meticoloso come ogni notte.
Tutti pieni e rossi prima, vuoti e trasparenti ora.

Vuoti e trasparenti.

Ogni tanto mi lancia occhiate.
Gli faccio pena?
O lo irrito perchè vorrebbe starsene da solo,
lui e i suoi bicchieri........ e quella voce triste di donna?

Trangugio l'ultimo sorso,
la gola mi brucia.
Da quanto sono seduta lì?
Da troppo.
Non so neppure se mi reggerò in piedi.
Una morbosa curiosità m'investe "chissà che odore ha l'aria là fuori".
Quel desiderio mi ha ormai pervaso le narici, assopite fino ad allora, dall'acre nicotina.

Cerco nella maniera più dignitosa possibile di dirigermi al bancone per saldare il mio debito.
I miei capelli sono di sicuro in disordine,
probabilmente gli occhi sono cerchiati, rossi ed irritati dal troppo sfregarli,
ma....non mi importa.
Una strana nebbia è la luce del locale,
l'uomo mi sorride forzatamente, ricambio, con qualche cosa di più silmile ad una smorfia che ad altro.
Non ci scambiamo neppure una parola, non serve, basta allungare la banconota.
Ricevo poche monete di resto che svogliatamente lascio cadere nella tasca fonda del mio cappotto.

Esco, vedendo come ultima immagine di quel luogo la scopa, appoggiata vicino alla porta d'ingresso, nonchè d'uscita.


Aria.
Aria.
Aria bagnata e umida.
Solo pochi passanti, che sfuggono il cielo zampillante con i loro ombrelli.
Vedo solo ombre e un viale di luci, danzanti, avanzo con gli occhi socchiusi, mentre suona ancora nella mia testa quella triste melodia.


......Juliette Greco.........



Dove mi dirigerò ora?
L'acqua appiccica, disegna una ragnatela nella mia chioma,
intrappolandola in una morsa aracnoidea.
L'umore è strano, non posso trattenere una fragorosa risata,
che eccheggia in quel vuoto a tal punto da farmi rabbrividire.
Il pianto ora sfocia naturale.

Vago, per minuti che potrebbero essere anche ore,
o per ore dalla durata di sessantasecondi.
Svolto svariate volte a destra,
sinistra, dirtto, ancora a sinistra,
fino a perdermi completamente.

Lontano nel buio una piccola luce, un'insegna?
Non distinguo, occhi miopi, occhi alcolici, occhi lacrimosi.

Mi avvicino speranzosa, un miraggio nel deserto?

No, una luce. Un negozio."OGGETTI SMARRITI"
APERTO, dice l'insegna sulla porta.
"A quest'ora?" penso.
Alzo le spalle, non mi meraviglia più nulla.

Spingo la porta.
Entro.
Attratta dalla parola "smarriti", più che dall'"oggetti".





D'improvviso non vedo più in bianco e nero, ma il luogo, piccolo e angusto, mi abbaglia per i suoi mille colori.
Qualsiasi cosa è stipata ovunque.
Occhiali, libri, giocattoli, telefonini, zaini, borsette, lampade, poltrone (come si fà a smarrire una poltrone mi chiedo?!).
Non sembra esserci nessuna presenza in grado di gonfiare di ossigeno i suoi polmoni.
Polvere e cose perse.





Tossisco.
Un senso di nausea e disorientamento mi pervade, la troppa confusione mi disorienta e molte domande...
e nessuno a cui rivolgerele.
D'improvviso un forte rumore.
Devo avere urtato maldestramente qualche cosa e creato un effetto domino.
Mi spavento, ma non posso far altro che rimanere immobile.

Non sono stata iO.

Sommerso da una montagna di cose, emerge un vecchio, come se fosse stato assopito lì sotto per anni.
Si stropiccia gli occhi e mi osserva, pare osservare le mie interiora contorcersi e darmi vita.

Rimaniamo lì così per un tempo indefinibile.

Poi, come se niente fosse, il vecchio abbassa gli occhi su un piccolo taccuino, per continuare una lettura interotta chissà quando, sfogliando pagine gialle e dense di inchiostro nero.

Osservo ancora.
Muovo cauti passi su un pavimento ricoperto di milioni di piccole cose.

-Che cos'ha perso?
Mi chiede con voce giurassica l'uomo.
Rimango stupita nell'udire quel suono primordiale.
Zitta, anche se vorrei rispondere, ma non riesco a proferir parola.

- E' muta signorina?
Insiste.


-Qui si trovano oggetti smarriti?
-Certo. Lo dice bene l'insegna sulla porta....
- Ho perso..............................ho perso.................. la testa....
Alza lo sguardo dal taccuino.
-Io, signorina, ho perso la memoria.




Una voce che non mi appartiene, Juliette Greco "Romance", e canto.

Fu così , in una piovosa notte, ormai volta verso l'alba che il vecchio riacquistò la memoria e in quel caos, ritrovai la mia testa.





"Angusto sarebbe il cielo per potermi contenere"

Sono strani giorni, estranianti giorni.
iO, Alice, Tyler Bianca e perfida neve, gli abitanti del mio pazzo condominio mentale.

_Insonnia letale_

lunedì 8 febbraio 2010

E pensare che avrebbe voluto divenire un grande chef____________




"Penso che ti ritroverai, quando tutta questa merdata sarà finita, penso che ti ritroverai ad essere un figlio di puttana sorridente. La faccenda è che in questo momento hai talento, ma per quanto sia doloroso il talento non dura. Il tuo periodo sta per finire. Ora, questa è una merdosissima realtà della vita, ma è una realtà della vita davanti alla quale il tuo culo deve essere realista. Vedi, questa attività è stracolma di stronzi poco realisti che da giovani pensavano che il loro culo sarebbe invecchiato come il vino. Se vuoi dire che diventa aceto, è così; se vuoi dire che migliora con l'età, non è così. E poi, quanti combattimenti credi di poter ancora affrontare? Eh? Due? Non ci sono combattimenti per i vecchi pugili. Eri quasi arrivato ma non ce l'hai mai fatta, e se dovevi farcela ce l'avresti già fatta. Sei dei miei?".
_Pulp Fiction_


Come passate il vostro tempo libero?
Quanti modi esistono per impegnarlo,
gustarlo
e anche ahi noi sprecarlo?
Ci sono modi che possiamo definire usuali, ma anche modi inconsueti e curiosi.
Sì, ci sono anche questi.
Quali?
Eccone a voi uno.


Era calvo da qualche anno.
I capelli lo avevano abbandonato e con essi anche la moglie.
Il suo lavoro?
Era un famoso chef un tempo, sempre su navi da crociera,
pronto a tagliuzzare cipolle per fare soffritti e sughetti,
sempre immerso in aromi di cibi sofisticati.
Sempre alla ricerca del piatto perfetto,
di abbinamenti perfetti,
di ingredienti perfetti,
di tempi di cottura perfetti,
di collaboratori perfetti....
tutto doveva essere perfetto.
Hotel, fiere, mostre, viaggi, il mondo, le spezie, i coltelli per il pane, quelli per la carne, per le verdure e come dimenticare le lame per i dolci?

Una vita che ormai.... non era che un ricordo.

Bruciare dei bocconcini alla verza ai più potrebbe sembrare un incidente di poco conto,
ma per lui non fu così.


Quella mattina si era alzato di buon ora, aveva:
eliminato il nocciolo dalle prugne,
avvolto maniacalmente, come solo lui sapeva fare, ciascun frutto in una fettina di speck, messo tutto in una teglia e infornato qualche minuto, giusto il tempo di lavare accuratamente le foglie di verza e sbollentarle in acqua.
Sempre meticoloso, aveva poi fatto abbracciare ognuno degli involtini da una foglia di verza, li aveva fermati con uno stecchino, li accarezzava quasi fossero i figli che non aveva mai avuto, con una dolcezza e uno sguardo che neppure nei momenti di maggior desiderio aveva rivolto a sua moglie.
"Un ricevimento con i fiocchi e complimenti al cuoco, anzi allo chef"...già se li sentiva addosso borioso.
Mise a sciogliere una noce di burro assieme ad un cucchiaio di fondo bruno.
Adagiò cauto cauto a quel punto i bocconcini, che intonavano un canto sfrigolante, nelle pentola si sarebbero dovuti pian piano insaporire nell'intrigolo.
Fu allora che la sua attenzione fu colpita da un rumore, un rumore di un sorcio
"Bestiacce, che non sia mai che si venga a sapere che nelle mie cucine possano vivere esseri del genere!".

Così...dimenticandosi della pietanza che sfrigolava, iniziò a dare la caccia all'animale.

Poche cose nella vita lo turbavano come i sorci.

Fu così che la sua vita iniziò a cambiare radicalmente.
Il cibo si bruciò.....
Gli aiuti cuoco che giunsero più tardi lo trovarono in lacrime,
seduto a terra,
con il sorcio morto.
Non faceva che ripetere in lacrime " e pensare che mancava solo il pepe.....solo il pepe".
Non si riprese mai più dal trauma.
Perse il lavoro.
I capelli.
La moglie.

La sua passione a quel punto diventò il suo incubo e non cucinò mai più.
Aveva raccimolato nella sua vita abbastanza denaro da non dover più lavorare, ma il denaro non colma il tempo libero.
Che fare?
Seppur ormai non riuscisse più a mettersi ai fornelli per il forte trauma subito dal suo immenso orgoglio, il cibo era comunque una delle sue fissazioni.
Iniziò così a frequentare luoghi che in realtà, non aveva mai frequentato.


Era affascinato da quei Bip, Bip, Bip, bip, intermittenti delle casse, dai megafoni che declamavano i prodotti in offerta o chiamavano un nome qualunque "Cassa 4, cassa 4".
Lo stupiva vedere come dopo l'annuncio ci fosse una semi guerra della gente in fila alla cassa 3, che si spostava repentinamente alla cassa a fianco, come se avesse perso la pazienza tutta d'un colpo e all'improvviso fosse stata posseduta dalla fretta.
Il tuo davanti di fila con cui prima conversavi inutilmente, diventa un nemico nel giro di pochi secondi.
Tutto quell'ordine e quelle luci....un paradiso.
La corsia dei sottaceti, quella dei detersivi, il banco degli affettati, la corsia della pasta, degli alcolici, il banco del pane...tutto così in ordine, così pulito.
Tutto quel cibo che ogni giorno se ne andava, ma gli scaffali non erano mai vuoti, come se ci fosse un piccolo miracolo che ogni notte si compiva.
Come già avevamo accennato, lui aveva il trauma di cucinare, per non parlare della fobia da "ristorante" quindi per lo più si nutriva di cibi preconfezionati, il meno sosfisticati possibile, da consumare freddi e senza necessità di utilizzare pentole o altri attrezzi se non forchette o cucchiai, ma meglio ancora quelli che necessitavano solo dell'utilizzo della bocca.
Un giorno qualche cosa colpì la sua attenzione.
Un piccolo stand tra il banco carne e pesce.
Che cos'era?
Su quel bancone erano disposte ordinatamente piccole porzioni di cibo, formaggi, la prima volta, "perchè la prima volta...non si scorda mai".
Si avvicinò furtivo, con il piccolo cestino che normalmente utilizzava per le sue spese monodose.
Aria disinteressata, sembrava puntare dei cibi sugli scaffali, ma la coda dell'occhio sbirciava quei cibi, così ordinati e invoglianti, ascoltava la giovane donna che elencava ad un personaggio lì di fronte che si fingeva interessato alla qualità del prodotto in questione, ogni caratteristica di quel formaggio:
- Dolce e ottenuto dal latte di vacche libere e pascolanti in un immenso prato di montagna, signore, lo assaggi pure!!
Titubante l'uomo lo aveva preso, più per la sua voglia di riempire un buco nello stomaco che per il reale interesse al prodotto.
Nella mente del nostro omino calvo a quel punto nacque un desiderio sfrenato di poter agguantare con le sue dita tozze e sudaticce una di quelle piccole porzioni di latticino, quasi sembrava che gli sorridessero, ma non avrebbe mai sopportato l'idea di essere osservato ad addentare quel cibo, nè tanto meno intrattenere con la giovane alcun tipo di conversazione su di esso.
Quindi attese paziente, ma fremendo all'interno, che lei si allontanasse qualche secondo, forse per recarsi ai servizi e allora, sì fu allora che si avvicinò lesto allo stand, agguando veloce il piccolo pezzo di cibo e lo lanciandoselo avido nelle fauci, assumendo immediatamente un'aria di disinteresse.
Eppure c'era chi notò la scena.
L'omino iniziò ad assumere un'espressione schifata, quasi al limite del ribrezzo.
Il naso e la bocca gli si contorsero in una smorfia, gli occhi lacrimavano, il suo stomaco doveva essere a dir poco in subbuglio......
Il panico lo pervase, era terribile quel sapore, non è possibile che la gente possa ingurgitare tale schifezza, pensò tra sè.
Si diresse allora in preda al panico verso un altro piccolo stend più avanti, dove anzichè formaggi, erano piccole fettine di prosciutto cotto, distese riposanti su un candido piattino di vetro che lo puntavano.
Ripetè la scena, lento e furtivo.
Ora il suo viso si distese, le papille gustative dovevano comunicarghi un immenso piacere, la sua aria si fece sorniona e soddisfatta.

Fu così che divenne un vero e proprio intenditore degli stand di assaggini e alla fine delle giornate, aveva anche lo stomaco pieno senza dover acquistare alcun prodotto culinario.

La particolarità del nostro omino tuttavia, non si limita alla nuova peculiare capacità di essere un degustatore ingordo, ma in lui, frequentando quei luoghi, nacque una morbosa curiosità verso i frequentatori di quei luoghi.

Per lo più erano casalinghe annoiate, che riempivano i carrelli, oltre di figli, di una serie infinita di scatolette, vasetti, bottiglie e una serie innumerevole di vivande.
Il suo spirito osservatore e al limite del maniacale lo fece iniziare a sbirciare, sempre con la sua ormai nota aria di disinteresse, quella che ormai già conoscete, tra gli acquisti di questa folla di piccole formiche.
Non sapete il mondo che gli si apriva.....
Carpiva dai cibi e dagli acquisti, nonchè dalla "maniera" di acquistare, la vita di intere famiglie, di donne o uomini soli.
Poteva capire chi aveva di fronte: carrello che hai, persona che sei.
Sapeva inquadrare se la famiglia era numerosa, se c'era un vegetariano, se la sera si sarebbe svolta una particolare cena, magari per un compleanno, se la donna o l'uomo erano single, se c'erano bambini o meno in famiglia e via dicendo.
Sbirciava..... e se aveva abbastanza fortuna che il carrello rimanesse incustodito, avidamente vi affondava le mani per toccare quei vasetti e quelle confezioni.
Sapeva se in famiglia entrava uno stipendio o due, il tenore di vita, le abitudini, le colazioni, i cibi preferiti.
Sapeva il rapporto con la femminilità che una signora o una ragazza aveva, notando se acquistava serenamente o in maniera impacciata una confezione di tampax.

Conosceva tutto, ogni lato di questi enormi paradisi luminosi.

Una persona però così attenta e così espansiva non doveva però fare un errore fatale : quello di farsi beccare con le mani nel carrello.
Quando ciò accadde, plurime e plurime volte, venne richiamato dal direttore e allora iniziarono i suoi problemi.
Fu obbligato ad una terapia, ma nessun sistema lo distoglieva dal passare le sue giornate all'inteno di un ipermercato.

Appariva viscido, maniacale, quasi al limite della pericolosità, come ogni cosa che mina la nostra privacy daltronde no?
Era noto ormai il suo volto, era noto il disgusto che la gente provava verso di lui.
Era conosciuto dai macellai, dalle cassiere, dai clienti, dalla sicurezza.....

Era schivato, le madri prendevano per mano i loro pargoli vedendolo anche solo da lontano.

Pensare, che avrebbe voluto diventare un grande chef.


_Contra, grazie dell'ispirazione...non so se sia ben riuscito.....
_Non ho molte parole.

venerdì 5 febbraio 2010

Garage_____________



"Perché ti senti come una cretina se ridi da sola,
ma poi finisci sempre per piangere?
Com'è che riesci sempre a mutare e a essere sempre lo stesso virus mortale?"
(Invisible monsters C.Palahniuk)

Noi,
abitanti del condominio affollato
"La mia mente", situato in Viale Sopra il Collo n°160,
ce ne stiamo seduti e in silenzio.
Un divano rattoppato e polveroso.
Io no,
Alice no,
Bianca e perfida neve no....

"Ogni settimana Tyler dava le regole che iO e lui stabilivamo."

Silenzio.
Parla Tyler.

"Signori,
benvenuti al Fight Club.
Prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club.
Seconda regola del Fight Club
: non dovete parlare mai del Fight Club.
Terza regola del Fight Club
: se qualcuno grida basta, si accascia, è spompato, fine del combattimento.
Quarta regola
: si combatte solo due per volta.
Quinta regola
: un combattimento alla volta, ragazzi.
Sesta regola: niente camicia, niente scarpe.
Settima regola
: i combattimenti durano per tutto il tempo necessario.

Ottava ed ultima regola
: se questa è la vostra prima sera al Fight Club... dovete combattere!






_Contra, sì...Tyler parla proprio con te, ti aspettiamo nel mio garage....UAUAUAUAUA_

UNACOPIADIUNACOOPIADIUNACOPIADIUNACOPIADIUNACOPIADIUNACOPIADIUNACOPIADIUNACOPIADIUNACOPIADIUNACOPIA.....

martedì 2 febbraio 2010

Babe...aveva un soGno.......


Babe se ne stava nella stanza 397.
La città?
Bho.... ne aveva cambiate così tante nelle ultime settimane.
Un' ora,
che non rispondeva a quella che percepiva lampeggiare sulla sveglia digitale.
Domani la sfilata iniziava presto e lei doveva riposare.
Riposare.
Riposare.
Riposare.
Al mattino tutte sarebbero arrivate nel backstage, con i sacchetti ai piedi e in fila,
per non rovinare il costosissimo rivestimento dei pavimenti.
"Solo le migliori arrivano al top,
solo le migliori raggingono la vetta dell'Olimpo"
si faceva forza, pensando questo, Babe.

Di lì a poco,
il delirio.
Truccatori, parrucchieri, manicure, vestiti, indicazioni, sarte che apportano le ultime modifiche, ti pungono con i loro aghi accuminati.
-Ahi!!!!!!!!!- esclama Babe.
Un' esclamazione internazionale,
per far capire a quelle mani nervose che anche se non sembra, sotto la stoffa c'è ancora un corpo in grado di percepire dolore.

Flash che si scatenano,
rivalità e sguardi,
amicizie da passerella,
quelle che durano il catalogo autunno-inverno.

Postura, tacchi che spaccano la schiena,
ancheggi senza anche.






Schegge di time out, tra una prova e l'altra, per Babe e le sue colleghe.
Ogni momento è buono,
ma Babe non arriva neppure alla fase REM che scatta già un battito di mani:
pausa terminata.


Da quanto non sognava più Bebe?
Da quanto?



Ormai i suoi pranzi e le sue cene erano pillole rotonde:
per l'ansia,
per evitare l'epilessia degli scatti continui dei fotografi,
per l'ulcera,
per l'emicrania,
.....

Un libro di ricette colmo di controindicazioni.


E poi giunge....il momento.
Un respiro profondo.
E Babe cammina con lo sguardo perso nel vuoto in mezzo
ai giornalisti,
ai fotografi,
agli stilisti,
ai VIP,
indossando,
vedi come la sorte è ironica,
ciò che si proibisce di toccare di solito.
La musica è elevata,
"Almeno non sentono, come brontola il mio stomaco"
pensa Babe.
Attendono tutti in fondo,
che ci sia una cauduta.
Perchè non c'è phatos.



Ore di lavoro e torture per centoventuno secondi di celebrità.

Poi giunge la sera,
ma per Babe non è ancora finita.

Babe un giorno scopre l' esistenza di una polverina bianca,
senza calorie da segnare sul suo diario alimentare,
iniziò ad inserirla avidamente nella sua dieta quotidiana.
Una razione di benzoilmetilecgonina, coca, prodotto, neve, bianca, cubaita, polvere di stelle, polvere d'angelo, piscia di gatto, barella, merce, bamba, biava, dinamite, granita, svelta, bonza,scioppa, bagna, sciusta,bubbazza, pallino o pezzo
era acculturata Babe.....
Posto che vai,
nome che trovi.
Sapeva sempre dove,
come,
da chi,
trovarne un po'.


Ripeteva i suoi riti ogni quarantacinque minuti,
su tavolini di vetro,
in lussuosi bagni,
da sola....o in compagnia.

Babe doveva affrontare la serata e da quando Lei era entrata nella sua vita, i ritmi di lavoro erano divenuti meno estenuanti.
"Mi sono adattata benissimo a questa vita"pensava Bebe.
Pensava che alla fine, ce l'aveva fatta, grazie alle sue forze, senza raccomandazioni.


Serate che trascorrevano abbozzando sorrisi,
spesso in silenzio, a ridere di discorsi in lingue ancora troppo incomprensibili.
Mani viscide,
sguardi fulminanti,
occhi vitrei e inespressivi....
questa.....la folla che la circondava.
Una festa dietro l'altra,
per festeggiare.....
il NULLA.


Tornava spesso sola poi,
poche ore prima dell'alba,
in una stanza, ad un piano di un hotel, con taxi...sempre, sempre diversi.

Fumava,
una boccata nervosa dietro l'altra,
una doccia veloce.
Troppo agitata per dormire,
un piccolo effetto collaterale della polverina magica, niente calorie....ma insonnia crescente.
Allora niente panico, Bebe è in gamba e ha un rimedio per tutto.
Una siringa,
su la manica,
diazepam e buonanotte mondo!!!

Giorni frenetici e tremendamente uguali per la piccola Bebe.
Giorni di scalate.
E un giorno tutti i flash arrivarono per lei.

Quel giorno...
quanto l'aveva sognato la piccola Babe???
Quanto???
Fiumi di alcool,
brindisi per Babe,
Babe sulle copertine,
Bebe patinata,
Bebe....
Bebe...
Bebe....
Tutti volevano e cercavano...Bebe.
Ma Bebe....

Bebe non c'era...
Bebe non si era mai sentita così sola.
Bebe alla finestra a fissare le goccie di pioggia che rigavano i vetri.
Bebe che guardandosi allo specchio non riusciva a fissare i suoi occhi,
Bebe si faceva paura.
-Babe, dove sei Bebe?- con un sussurro appena udibile.





Bebe aveva pensato di avere un sogno

............


ma non era il suo.







iO e Alice bizzarre autrici possedute da una perfida Biancaneve.



Una precisazione doverosa:
iO e Alice non vogliamo creare equivoci, a differenza di quanto fanno i mass media vari.
I DCA sono certamente anche nel mondo della moda, ma crediamo fortemente, in particolare dopo aver iniziato a leggervi e a seguire i blog di molte persone qui, anzi...diciamo pure grazie a VOI, che non sono legati, nella stra grande maggioranza dei casi, ad ambizioni di carattere estetico.

Ora.....massacrateci pureeeeeeeeeeee.

lunedì 1 febbraio 2010

L'incontro...alla maniera mia e di Alice___a vOi

Era domenica.
Era il 31 gennaio.
Era una stazione con treni in ritardo,
perchè la neve ha scelto domenica per imbaccuccare Bologna di bianco.
Ha scelto domenica 31 per farlo.

Era una stazione con i ritardi del mal tempo,
con i viaggiatori in arrivo e in partertenza intorpiditi ancora dal sabato sera,
irritati dal ritardo,
infastiditi dalla fanghiglia,
tediati dalla voce continua che meccanicamente annunciava disagi.

Era domenica.
Era ieri.

Era l'atrio pricipale,
nel quale bardadate di armature per prevenire il freddo e l'imbarazzo di occhi conosciuti anche se mai visti, o solo incontrati un'unica volta,
che se ne stavano lì ad attendere.
Attendere regionali,
frecce multicolori rosse,
argento,
o chichessia provenienti da Padova, Milano, Verona, Lucca............
Ad attendere anche la freccia di Supercontra,
che con me e Alice è giunta dopo estenuanti partite ad UNO con due piccole amichette romane conosciute in treno.

Occhioni grandi,
tagli di capelli differenti,
stivali o scarpe basse...
ognuna con la sua armatura speciale,
ognuna con il suo bagaglio.

E mentere il gruppetto si radunava,
ecco la bolla che piano piano si iniziava a crere,
fragile e magnifica,
fatta di piccole parti per soffio di molteplici bocche.

Silenzi, chiacchere, risate fragorose, sorseggi, imbarazzi e rossori, malinconie.
Tazze di bevande calde, pranzo...e come al solito la mia scelta del panino sempre errata, vero Alice?
Ci ostiniamo a provare le salse.


Attorno ad un tavolo, in un caffè/libreria, NOI:

grandi occhioni da cerbiatto,
bionda chioma e occhi di castagna,
silenzioso scricciolo dai riflessi blu,
risata contagiosa e i tuoi lunedì,
taglio sbarazzino e grande entusiasmo,
accento toscano e aroma di caffè,
vi riuscite ad abbinare?
Perchè sono i particolari...che fanno la differenza.

Parlantina continua e un po' pagliacce noi tre, vero ALice e Contra?

E poi il tempo concesso svanisce, ma rimane una domenica 31 gennaio.
Non una domenica.
La domenica 31 gennaio, quella sì...dai di Bologna.




Quella della bolla........