giovedì 28 gennaio 2010

Un'aromatico tè di emozioni velenose

C'era una volta,
iO.
iO che ho indossato un ampio vestito nero.
Ore 17.00 puntuale,
mi siedo sul lucido parquet, al centro del salone.
Apparecchio il pavimento di tazze bianche.
La luce che penetra dalle finestre porta con sè del pulviscolo appiccicoso,
che arrossa gli occhi.

Un intenso profumo di mandorle nell'aria, amarognolo, come quello del cianuro.
Non è facile riconoscere questo aroma, ma i chemiorecettori olfattivi sono ormai avvezzi ad inalare arie tossiche e velenose.
Quelle che truffaldine, quotidianamente, avvolgono la sfera galleggiante nel nulla che abitiamo.

Mi sono servita dei migliori ingredienti,
per preparare il tè di questo pomeriggio.

Sono salita nella torre,
dove molte bottiglie,
ordinate come soldatini,
marciano sulla scaffaliera.
Tutto è intriso di polvere,
lassù,
un forte odore di ambiente chiuso.
Nel vetro, in quelle forme,
le mie scorie emotive.

Pericolose ampolle,
vuoto i liquidi lentamente,
miscelandole accurratamente,
mescoltatando fino a bollitura.
Aggiungo un pizzico di ragione,
ma tutto diviene acido.

Ci vogliono loro,
le zollette della follia.
Quelle piccole,
bianche e simpatiche,
mi sembra di averle messe nel terzo cassetto della credenza.
Lo forzo un po', il tempo l'ha indurito...
o forse è solo un po' incastrato.
Eccole,
piccole e sorridenti, le mie dolci zollette!!!!
Una...
pluuuffff
la osservo sprofondare,
fa galleggiare delle bolle.
Due....
Tre....
MMMM basteranno?
Quattro.

Bene dovrebbero essere sufficienti ora.

Un assaggino...mmmm,
non ci siamo ancora,
ho come la sensazine che manchi qualche cosa.

Ma certo, che stupida...piccoli segnalali che il vecchio Alzheimer si appropinqua.
Serve il succo d'insonnia.
Verdastro e appicicoso.
Spremo le bacche con cura,
si schiantano e producono un verdastro liquido.
Ora il tè è pronto.
Bollente,
lo verso nella teiera,
me la pongo sul capo.

Ore 17:00 puntuale.
Torniamo al principio.
Sorseggio pozioni di emozioni velenose,
bollenti fluiscono in me.


C'era una volta iO.





"Certi nascono umani.
Altri ci mettono una vita a diventarlo."
Rabbia (C.Pahlaniuk)



martedì 26 gennaio 2010

Fra il dire e il fare....FALLO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!


"Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo. Sani di mente o pazzi. Stinchi di santo o sessodipendenti. Eroi o vittime. A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi. A lasciare che sia il passato a decidere per il nostro futuro. Oppure possiamo scegliere da noi."
....Soffocare C.Palahniuk.



Non ho mai voluto che il mondo decidesse che cosa iO fossi.
Nel bene e nel male.
Convenzioni.
Riti.
Schemi.
Aspettative.
Speranze.
Illusioni.

iO e Alice riflettiamo su una frase di Stanislavskij, un regista russo....

“Per coloro che non sono capaci di credere, ci sono i riti; per coloro che non sono capaci di ispirare rispetto da sé, c'è l'etichetta; per coloro che non sanno vestirsi, c'è la moda; per coloro che non sanno creare, ci sono le convenzioni e i clichés. Ecco perché i burocrati amano i cerimoniali, i preti i riti, i piccoli borghesi le convenienze sociali, i bellimbusti la moda, e gli attori le convenzioni teatrali, gli stereotipi e un intero rituale di azioni sceniche.”

_Non abbiamo altro da dire per oggi, un martedì sterile, mentre l'insonnia procede e la copia di una copia di una copia...diventa sempre più reale e prosciuga_



A voi sempre...il Teatrino.

"Tra il dire e il fare
c'è di mezzo il mare,
ma del mare.....
megli non dire"









Partecipate numerosi a questo dibattito...http://contrast0.blogspot.com/
Supercontra.

sabato 23 gennaio 2010

nOstalgia________


Una casa con intonaci sgretolati,
neri aloni di muffe agli angoli delle pareti,
lassù,
guarda bene,
in alto.
In quei luoghi, vite e vicende più o meno umane si sono susseguite.
Trovo degli stracci bianchi e costruisco un abito elegante.
Lo disegno e modello in maniera che possa essere ampio e sfarzoso, sì certo, sfarzosi stracci demodè, senza etichette nè firme.
E' necessario indossare vesti eleganti nell'affrontare i disarmonici paesaggi dell'abbandono.
Mi metto pure dei guanti lunghi fin sopra l'avambraccio.
Neri e lucidi, lucidi di pulviscolo.
Quelli che si indossavano ai balli importanti,
quelli che un tempo solo l'antica nobiltà usava idossare.
Le tende un tempo bianche, sbiadite dal tempo,
dalla luce del sole e della luna,
opache per la polvere che le rende pesanti,
mangiate dall'umidità, troppi temporali hanno dovuto asciugare,
i vetri sono spezzati.
Il parquet è rialzato all'interno,
collinare, non più liscio e ogni passo lento genera suoni,
le armonie della logorazione.

Non abita nessun essere pensante, se così si può ancora definire la razza umana,
solo sorci, dalle lunghe code, intimoriti dagli odori del mio umano corpo,
squittii lontani, forse al piano superiore, ma le tracce qua e là dei loro escrementi, ne tradiscono comunqe la presenza.
Potrò forse essere la loro cena, seguiranno voraci i miei passi all'interno di quel regno,
dove ormai sono i sovrani.

Il giardino,
una giungla selvaggia e incolta.
Il vento ha seminato i pollini, le api hanno permesso che il verde selvaggio iniziasse a divorare piano piano quel flebile ricordo di vita.
Fioriscono ancora delle rose bianche,
che non hanno nessun tipo di aroma,
alle mie papille olfattive bruciate dall'aria velenosa.
Mi fanno scendere una lacrima, che piano piano scivola fino alle labbra,
dove dovrebbe generare una sensazione di salato che ormai non riesco più a percepire.
Una lacrima,
rossa vermiglia,
quella che esce dall' indice, teso impertinente nel tentativo di spezzare lo stelo a quel fiore.
Si è difeso e mi ha punto.
Difende con le spine la sua fragilità.
Punita,
indotta a riflettere, certo...avrei spezzato quella vita vegetale solo per un vanesio desiderio di possedere un bianco bocciolo, che presto avrei abbandonato, ai lati del suolo, appena un altro effimero desiderio tipiacmente umano mi avrebbe colto.
Sotto i piedi scalzi sento il gelo delle piastrelle, un tempo lucide, ora opache, che tingono di nero i talloni, mentre piccole schegge di vetro piacevolmente penetrano nella carne ormai inerme.


Inerme....
mi siedo arresa su una vecchia poltrona.
Il camino dietro di me non arde di nessun fuoco.
Tempertatura percepita: nessuna.
Non ho sonno.
Non ho coraggio.
Non ho paura.
Non c'è più nessuno schema.
Non c'è religione, se non ciò che rimane di essa, una croce e tanti granelli che un tempo, mani nodose usavano per scanidire il tempo a suon di ave maria....
Nessuna Maria, nessun Cristo e nessun Dio hanno però potuto salvare l'uomo dalla piacevole catastrofe che ha creato.
Non resta che imparare a comprendere il linguaggio animale.
Disimparare l'arte della parole,
non ci sono più orecchie ormai che possono udire quei suoni, lentamente hanno perso incisività, poi significato, fino a scomparire del tutto e ad esistere solo come ricordi sbiaditi nella memoria di mura non più salde.


_Cara Alice, una forza di cartapesta, un amarezza crescente annacqua il sangue, iniezioni di veleno_

Scusate, la tristezza, ma anche i giganti piangono.





"Che cosa cè di strano?
Non cè niente da ridere.
Allanima fa bene un po di nostalgia.
Lamore è come un ladro
che è stato derubato,
non te ne sei accorto
e adesso che ci siamo tu
già te ne vai via
e forse è per questo che
non ho ancora imparato a dirti
Tu per me sei importante
anche se non ci sei.
Ecco perché
ho ancora un sentimento dentro
che non mi fa morire ma
neanche vivere.
Ecco, ecco perché. ".......(il Teatro degli orrori)

mercoledì 20 gennaio 2010

QuellaVOLTAche..............................



"Perché una spugna di mare non ha mai giornate no."
Da "Soffocare"...sempre lui...Palahniuk.

Oggi vi racconto una delle cose che successe qualche mese fà,
in realtà forse il tutto sarà privo di interesse, privo di senso, bè, se non vi garba, potete comunque sempre andarvene, giuriamo di non offenderci.
Comincio....

Quella mattina il mio Telencefalo decise di prendere un treno,
mattiniero si è svegliato e ha fatto una piccola valigia.
Una di quelle dove puoi solo mettere lo stretto necessario.
Non so proprio come si possa partire con così poca roba per una viaggio. Mhà...
Gli ho provato a chiedere:
- Ehi...dove te ne vai?
Nessuna risposta.
-Ehi..parlo a te, disgraziato! Se te ne vai cosa ne sarà delle mie capacità di ricevere gli stimoli esterni?
Sai che senza di te sarà difficile se non impossibile elaborare una qualsiasi risposta dei mie muscoli?
Come mi potrò muovere?
La memoria poi? dove la mettiamo?????
Ehiiiiii, mi fai la cortesia di smetterla? Metterti tranquillo, ingrato!
Non vorrai mica lasciarmi qui, senza alcuna capacità decisionale vero?

Non fece altro che guardarmi, con il suo fisico molliccio e la cera grigiasra.
Aprì la porta e se ne andò.
Senza una parola, senza una spiegazione.

Bè, lui da sempre, non è mai stato uno di quelli che si adatta alle situazioni, che ama essere sconvolto, quindi, ha deciso di andarsene.
A tentoni arrivai in salotto e sul tavolo trovai una lettera. Era per me.
La aprii e la lessi.

"Se leggerai questa lettera, significa che io avrò deciso di partire e me ne sarò andato. Probabilmente mentre leggi, io sarò già sul mio volo last minute, per la mia prima tappa del tanto agognato viaggio in giro per l'Europa. Spero non ti arrabbierai, ma ho usato la tua Postepay per prenotare. In questo momento non me la sento proprio di stare rinchiuso in quella piccola stanza ossea, a massacrarmi tra quelle vecchie comari di Meningi, la Pia che sbraita tutto il giorno perchè la Dura Madre non sente più nulla (sai è vecchia e ormai l'udito...non è più quello di una volta) e l'aracnoidea, tutto il giorno a ricamare indifferente, tessere tele su tele. Per non parlare poi di tutto quel liquor che continua a inzozzarmi le vesti. Davvero, per ora, ho bisogno della mia libertà, di riempirmi di cultura. So che non è un bun momento per andarmene, proprio ora che avremo dovuto prendere importanti decisioni insieme ti abbandono...ma cerca di capire. Per ora dovrai accontentarti di senguire solo le tue emozioni, senza ricorrere al mio aiuto. Non disperare comunque, presto tornerò e sarò molto più acculturato.
Forse questo viaggio mi permetterà anche di aiutarti a prendere una decisione quando tornerò. Nel frattempo stammi bene, non preoccuparti che avrò cura di me e ti manderò una cartolina per ogni luogo che visiterò. Un bacio e a presto.
Il tuo affezionatissimo.....Telencefalo"

Bene, deve ancora tornare.
Alcune volte lo odio davvero...chissà quanto si starà divertendo, mentre io qui lo attendo.
Mentre sono in balia delle mie emozioni, mentre aspetto che torni per aiutarmi a decidere che direzione far prendere alla mia vita.

Questo è quanto.
Questa è la realtà in cui vivo.





A volte mi manda dei promemoria, ingrato Telencefalo, YOU ONLY LIVE ONCE.


_La mancanza di sonno crea psicosi creative_

martedì 19 gennaio 2010

aritmieCIRCARDIANE


Ancora un'altra sigaretta.
giornate nervose, forse troppe.
La nicotina soddisfa il così detto "sistema ricompensa del cervello".



"Voglio essere al di fuori delle etichette. Non voglio che tutta la mia vita sia compressa in un unica parola. Una storia. Voglio trovare qualcos'altro, che non si possa conoscere,
un posto che non sia sulla mappa.
Una vera avventura."
(Chuck Palahniuk, Invisible Monsters)


E' così che si deve sentire un anticorpo, come mi sento io:
abbastanza immune.
Certo, l'anticorpo è più simile strutturalmente ad una Y,
mentre io direi...come essere umano mi vedo più simile ad una I,
ovviamente solo con gambe unite e braccia distese lungo il corpo.
Niente panico,
presto eliminata la differenza.
Mantengo unite le gambe e alzo le braccia, uallllaaaa ecco,
iO e l'anticorpo siamo anche strutturalmente simili.

Dopo l'incontro con un soggetto estraneo all'organismo,
dicesi antigene (tossina estranea, virus, batterio, parassita...),
l'anticorpo specifico reagisce e si crea una vera e propria memoria:
la memoria immunologica.

Analogie interessanti......voi avete una "memoria immunologica" verso i "soggetti estranei"?
Necessariamente creata direi, no?

Sviluppo immunità sempre più energica e resistente ad ogni pericoloso attacco al mio organismo. alla mia mente, alle situazioni.

Forse è solo che mi si stà letteralmente fottendo il cervello,
il pressochè inesistente riposo, lo stress, gli attacchi antigenici, mi hanno reso vulnerabili le meningi.
Forse delle muffe.
Insomma risentirà anche lui dell'umidità.
Forse dovrei guardare a lato del coperchio e scoprirò che era da "consumarsi preferibilmente il..."
una data già trascorsa probaibilmente.



_Continuano imperterrite _aRitmie Circardiane_

domenica 17 gennaio 2010

èILlatoOSCUROdellaSOLITUDINE


La siringa è nelle mani.
Quell'arnese medico, corpo cilindrico in plastica,
scorre piano al suo interno uno stantuffo,
un ago cavo inserito ad una sua estremità.
Prendo il flaconcino,
quello del mio veleno,
quello dell'amore incondizionato,
uno di quelli posti in ordine maniacale nell'armadietto del bagno,
una scorta che appare inesauribile.
Quella droga che mi vuole piano piano distruggere.
Con le mani che tremano,
percuoto leggermente la fiala, non voglio certo che vi rimangano
al suo interno residui.
Posiziono della fiala:45 gradi,
la routine,
aspiro il liquido nella porzione cava della siringa.
Mentre il liquido sale,
il respiro si mozza,
già assaporo la sensazione della pozione che scorre in vena.
In maniera costante l'ago risucchia il liquido, riempindo la plastica,
lentamente e in maniera avida e costante.

Ora piano piano spingo lo stantuffo,
fino a che l'aria non esce,
una picola goccia si affaccia
sulla testa accuminata dell'ago.
Ci siamo.
L'unica aria che rimane è quella dovuta al volume morto,
quel liquido che non uscirà mai dall'arnese accuminato,
quello che permette la presenza di piccole dosi d'aria,
tuttavia innoque in quanto diluite nel circolo sanguigno.

Ora,
alzo piano la manica del maglione fino a che il braccio si scopre.
Un tuffo al cuore,
il respiro irregolare.
La cintura che c'è sul tavolo ora diventa indispensabile,
nervosamente l'avvolgo al di sopra dell'avambraccio,
stretta,
per impossibilitare il deflusso venoso,
tuttavia non troppo, l'afflusso del sangue arterioso è indispensabile,
ora.

Il mio laccio emostatico casalingo.

La vena pulsa, sono pronta ora.
Con la destra impugno l'arnese,
tendo la pelle sopra la vena con il dito sinistro.

Devo introdurre in maniera decisa l'ago, senza incertezze.
Tremo.
Fuori vena.
Tentativo fallito.

Riprovo,
ora sono certamente più scossa e tremante,
lo sguardo è velato dalle lacrime, per la frustrazione,
un senso di nausea inizia a impossessarsi di me.
Piano,
calma,
calma, mi ripeto e abbozzo un sorriso nervoso e irrequieto.
Riprovo.
Ora sì, ci siamo, eccolo sono in vena.
Allento aiutandomi con i denti la cintura che mi stritola il braccio e premo lenta lo stantuffo.

Questo rito,
questa medicina che scorre lenta nel circolo sanguigno, avvelena i miei sensi.
ogni giorno che passa lento,
il suo effetto piano piano tende a svanire, devo aumentare le dosi,
l'assuefazione è ormai certa.
Ho sviluppato una violenta dipendenza,
l'istinto è di esagerare ogni volta,
di provare ad aumentare la dose fino ad arrivare all'overdose mortale.

Cosa mi tiene legata a quei flaconcini che mi sorridono beffardi
dalla loro mensola bianca?

Stronzi, siete solo dei flaconcini stronzi
e anche bastardi, fottuti.
Certe crisi isteriche mi prtano a muovermi in maniera inconsulta,
a prenderli, uno a uno,
con un ghigno psicopatico appiccicato al viso e vedervi capitolare a terra,
frantumati.
Vetro e liquido bagnato,
intingono le mie mani.

Io, Alice, Tyler....quanti abitanti può ancora ospitare una mente?




"Mi guardi senza dire una parola,
sorridi mentre dentro muori ancora,
è il lato oscuro della solitudine,
il turbamento della gelosia"
(Pierpa)






_To be continued_______________

giovedì 14 gennaio 2010

UnacopiaDiunaCopiaDiunacopia..................



"Con l'insonnia nulla è reale.
Tutto è lontano. Tutto è una copia di una copia di una copia..."

(Fight club Charles Michael "Chuck" Palahniuk).

Suona,
apri gli occhi...o non li hai mai chiusi?
La spegni.
Qualche minuto e risuona.
Ripeti quei movimenti automici più e più volte,
fino a che non puoi fare altro che arrenderti.
Alzati.
Esci dal giaciglio notturno,
uno schock, che ricorda il tuo primo giorno di vita,
quando te ne sei uscita strillante dall'utero di tua madre.
Recati in bagno e accendi la luce.
Trauma oculare, miosi delle pupille.
Prima missione: vuotare la vescica.
Il tuo primo rumore del mattino, quello della piscia.
Afferri il tubetto del dentifricio,
artificiali paste per togliere il torpore notturno alle fauci.
Ora ce la puoi fare,
occhi ancora socchiusi, solo fessure, quelle delle persiane abbassate.
Sbirci la stanchezza nera che ti circonda
lo sguardo.
Stai per coricarti o ti sei appena destata?
E' già tardi, ancora prima che ti renda conto che devi muoverti.
Iniziare a far muovere quell'oblio liquido/semisolido,
protetto da una folta chioma e una dura ossatura, chiamato
scientificamente: materia grigia.
Ti togli il conforto delle notturne vesti,
i recettori posti al di sotto della tua epidermide
captano il senso di freddo molesto,
-Restringetevi maledetti!- ordinano imperativi ai pori.
I bulbi piliferi decidono allora di rigonfiarsi e raddrizzarsi, le tue braccia sono un esercito di peli ritti, il fenomenono comunemente chiamato "pelle d'oca".
Le lancette si muovono,
ogni gesto dura troppo tempo.
Sbirci dalla finestra,
per capire che cosa le condizioni meterologiche decideranno che devi indossare.
Le lancette corrono.
Cerchi sempre una maglia, un paio di pantaloni, un capo qualsiasi che non trovi,
nella massa di tessuti che hai sparsa per la stanza, nell'armadio.
Ripieghi su altro.
Bene, quasi sei pronta per uscire.
Ti assicuri di avere il necessario per affrontare un'intera giornata fuori casa.

Esci.

Il primo bisogno della giornata si fà subito sentire irruento.
Frughi nelle tasche, muovi una rotella, il fuoco a portata di mano ti permette di assaporare la nicotina mattutina, la colazione dei viziosi.
Boccate e passi veloci.
Mentre con le mani cerchi veloce qualche cosa nel lettore che ti isoli
ancora almeno per un po'
dalla vita.
Sembrano tutti così svegli, riposati, entusiasti.

Nel tuo percorso ti specchi nelle vetrine,
per essere sicura di esserci,
mentre ogni orologio digitale delle banche, in rosso, quando passi, mostra data, gradi e mai l'ora...
l'unica cosa che per il momento ti guida.
Ed eccole lì,
le lancette della stazione ti dicono che hai ancora il tempo di entrare al bar
e riempire lo stomaco con qualche cosa di caldo a base di latte e caffeina.

Scendi poi le scale, in un marasma di folla,
il binario 2 ti attende rigoroso, le voci metalliche avvisano, annunciano, informano.
Il treno arriva e quelle facce di sconosciuti noti,
quelli che ogni mattina come te si recano lì,
sul binario 2, salgono insieme a te.
Ogni sguardo è minaccioso, perchè tutti hanno il desiderio segreto di
non condividere il posto con alcuno.

Quarantacinque minuti di viaggio,
potrebbero essere un buon momento per provare a ristorare ciò
che la notte non ha cullato.
Tuttavia, non sempre è possibile, ti immergi in pagine o pensieri o in stati catalettici e quando accade,
è già giunta l'ora di.....alzarsi.

Di affrontare la calca,
i mezzi arancioni stracolmi e il tuo luogo di lavoro, avvolto nella nebbia.

Nel tardo pomeriggio.
ripeti il percorso al contrario,
tasto Rew del telecomando,
cambiano le luci.





___Dualismi periocolosi, il Tyler che c'è in me si orienta al buio__________





Scusate il post psicotico__________

martedì 12 gennaio 2010

Disimparo di giorno in giorno anche l'arte della scrittura


Mezzanotte.
Le una.
Le due.
Le tre.
Le quattro.

INSONNIA.

Vivere da insonni,
malata alla luce del giorno,
per la letargia che mi tormenta.
Non si può sfuggire,
ore e ore di stancante logorio.

Esiste il sogno?
Esiste la realtà?
Non esistono più confini.
L'irreale è reale, il reale irreale, incubi prendono forma.
Sovrappongo strati di assopimento con l'esistenza,
esistono paesaggi sbiaditi e annebbiati,
che mi avvolgono e mi lasciano lì...
Scappo, torno, mi abbandono.
Nessuna sensazione è furibonda come la tempesta.
Emozioni che sono quiete goccie,
cadono lente dosate da uno sguardo attento,
annaquando la trasparente quiete dell'acqua.





Solo pezzi.
Pezzi di un immagine.

Pezzi da unire,
pezzi da cercare,
pezzi che si sono perduti.
Frammenti di follia.
Creare, ricreare.
Incompletezza.
Frustrante incompletezza,
frustrante e costante insoddisfazione.
Tutto si continua a mescolare,
per piccoli soffi di brezze gelide.






Rimangono appesi ad un filo,
bene in vista,
pezzi bui.
Incollocabili.









La mente abbraccia l'anima,
sono ansiose per il loro debutto.
"Signori e signore,
grandi e piccini,
ecco a voi,
qui in questo variegato spettacolo circense,
le contorsioniste"

Ampi giri,
architetture incomprensibili.
Giri stupefacenti,
altezze vertiginose,
abissali bassezze.
Salire per scendere,
scendere per salire,
tornare,
incrociare,
rigide linee e morbide curve.
Applausi di un pubblico inesistente.

Il gelo ti appiccica a queste metalliche impalcature.


Proteggo
le passioni
che mi tengono in vita.



Per non farmi ricoprire
da puzzolenti ed umide muffe.
Per non rimanere imprigionata
in mortali ragnatele appicicose.








Lentezza nel battere sui tasti,
lentezza nel comporre frasi,
nel formulare pensieri,
nel comprendere lo spazio occupato,
nel prendere le misure per non sbattere addosso ad ogni cosa.
Lentezza......
Come paralizzata la voce, sforzi immani per fare uscire parole, che se ne vanno come secondi, senza lasciare traccia.


Disimparo di giorno in giorno anche l'arte della scrittura.


domenica 10 gennaio 2010

CONSIGLIATOadUNpubblicoNONadulto

Brucio.
Nel silenzio il fuoco crepita, illumina l'oscurità.
Intanto......brucio.
Il calore dilania, più si avvicina più dilania e consuma.
Consuma piano, creando forme, creando ombre.....
semplicemente creando.
Fingere di essere al gelo, ma dentro....ardere e bruciare.

Cuore mio,
non sei mai stato prudente.



Non ascolti la ragione,
sei testardo e istintivo.
Non puoi sopprimere la tua indole.
Lei emerge violenta,
ti porta in fitti boschi ad accasciarti con i lupi,
ad ululare,
quando svanisce il significato del linguaggio umano,
solo ululati,
che la ragione chiama accademicamente "onomatopee".
Non mi importa di essere sporca di terra,
di avere i capelli annodati.
Voglio stare con te,
bestione bianco,
a condividere i primordiali suoni dell'anima,
l'odore del sottobosco umido.
Puro istinto.






E tu ragione?
Che cos'hai da dirmi?
Stai lì pure a guardarmi ululare,
per ora non ho voglia di indossare le tue vesti celesti.
Non ho voglia di lavarmi la faccia,
di snodarmi i capelli,
non ho voglia di te, della tua diplomazia,
del tuo autocontrollo.
Stai lì nel tuo angolo e osservami in silenzio.
Non proferire parola.
Non voltarti nemmeno, perchè la tua espressione....
non la voglio vedere, NO.
Non ho voglia di sottopormi al tuo giudizio.
Non ho voglia di te.
Lasciami qui,
incolta,
in balia del bianco istinto.


Quando la mia follia sarà terminata,
rimarrò esaurita e con lo sguardo fisso,
aspettando di esplodere,
mentre attimi infiniti mi renderanno piacevole l'idea
che la bellezza della fragilità
possa durare all'infinito.
Il tempo sarà immobile,
non ci saranno lancette a scandire le ore, i giorni,
solo flebili sospiri.

Non mi muoverò,
non batterò ciglia,
per la paura di inquinare
di rompere,
un equilibrio precario.


Immaginari mondi offrono la fuga da queste battaglie tra ragione e anima
e li invoco, perchè
VOGLIO VIVERE INFINITAMENTE NELLA MIA PAZZIA.

_Bere dal calice del nonpensiero disseta ampiamente il mio essere_

mercoledì 6 gennaio 2010

PERCHéPOISItorna


Sprazzi di vita.
Salite, discese.
Obliterare.
Cercare un posto.
Sedersi.
Affacciarsi a vedere un panorame che fugge via velocemente.
Ti lascia solo un secondo o poco più
per essere assaporato.
Poi in fondo lo conosci,
non ha niente di nuovo,
ma se riesci ad andare oltre la sua staticità,
scorgi particolari sempre nuovi.



Di nuovo attese a fermate.
Per salire su stomaci arancioni
che ad ogni fermata vomitano passeggeri.
Volti,
che celano dietro storie.
Che non conoscerò mai,
che potrei conoscere,
che non immagino neppure,
che posso intuire.
Nervosismi palpabili,
tranquillità.


Tuffarsi ancora nel mondo.
Si torna.
_Combattere_ con la fervida mente, attraverso mondi esaltanti e irreali_un'assurda monotonia.


martedì 5 gennaio 2010

aSSuefazioneall'assopimento


Una grande forza,
una forza enorme,
per scostare una tenda così fine eppur così pesante.
Per guardare avanti e non rimanere intrappolati in schemi dolorosi di pensiero,
di educazione,
di morale.

_____iO e Alice salutiamo le vostre anime_____






lunedì 4 gennaio 2010

INCONTRIAMOCIancora


Eccomi...finalmente aggiorno.
Che giornata strana oggi fatta di niente, di parole, di caos.
Non è questo però che vi voglio dire e per una volta____almeno____solo sorrisi.

Il sorriso che mi si dipinge in faccia
se penso a ieri e a voi donzellette care!!!

E' stata un giornata davvero intensa, di quelle che arrivi alla sera e sei stanco, sì, ma sereno e felice.
Avevo un po' di timore, per l'incontro, ma ogni cosa è stata naturale____come se ci incontrassimo dopo delle vacanze.
Perchè infondo, conosciamo cosa abbiamo dentro, quindi tutto è stato stranamente magico.
Ognuna di voi mi ha lasciato una sensazione bellissima.
Non so come caspita descrivere le cose a chi non c'era, perchè si è creata come una bolla nella quale eravamo avvolte e non si poteva altro....che sorridere.

Un abbraccio forte forte a tutte, presto ripeteremo la giornata, sìsìsìsìsìsìsìs e spero di rivedervi tutte. TUTTE.

Spero anche avremo più tempo, maledizione, quando lo vorresti trattenere....fugge.
Bando alle malinconie.
Solo sorrisi per vOi.

_Notte notte_iO e Alice vogliamo giocare.

sabato 2 gennaio 2010

Voglia di scrivere


Nel sottosuolo e in vicoli bui, si snodano personaggi ambigui, nella notte.
Quelle persone di cui chi vive di giorno ha paura,
quelle persone che a loro volta sono terrorizzate da tutto ciò che è diurno.
Sono persone, non vampiri, non mostri,
ma esseri umani non in grado di reggere la forza e l'intensità della luce.
Il buio cela le loro espressioni sfatte,
le loro lacrime e angosce,
impedisce quasi ai loro occhi di vederle. Vagano su tram fino al capolinea, perchè una direzione non ce l'hanno, perchè stare rinchiusi tra 4 pareti li fà sentire imprigionati in una morsa letale, li fà sentire come pazzi, sarebbero in grado di correre sulle pareti come in preda ad un istinto primordiale e sconvolgente, per acquisire la libertà.
Tuttavia, in quel sottosuolo, in quella civiltà di claustrofobiche anime, neppure l'esterno riesce a contenere la loro voglia, il loro desiderio di essere liberi.
Un desiderio di libertà che non sarà mai esaudito, un corpo, così limitato, incapace di reggere il volo e limitato in ambienti acquatici. Ed una mente così saldamente costruita di preconcetti secolari e inestirpabili, messi come piccoli mattonicini uno sull'altro, dalle regole morali discutibili, dettate ogni secondo e recitate da predicatori, rende la libertà come l'infinito: solo qualcosa a cui tendere.
C'è chi la notte se la sceglie, per quanto sia verosimile la parole scelta, c'è chi ci capita, dopo aver perso la bussola, c'è chi ci nasce nella notte, chi ne viene rapito, chi ama così follemente la luna da non poter fare a meno che attenderla, seduto su una panchina in riva ad un fiume o sul molo di una banchina portuale, con il batticuore, quello che si ha nell'attesa del proprio amore, e al suo arrivo, arrossiscono timidi, senza più parole da dedicarle.


Poi scocca l'ora in cui la notte finisce, tutti quei pensieri,
tutto quel filo che le cose seguono,
tutta la chiarezza e la decisione, sono spazzati via dai raggi.
I raggi e la luce che impongono di "pensare ad altro":
alla spesa, al cibo, al cane da portare fuori, a non dimenticare le chiavi, ad arrivare al lavoro in tempo, a dover passare a comprare un nuovo paio di scarpe.....
Perchè se non lo fai, sei strano, sei taciturno, non sei come dire, diurno.
Quindi indossiamo il nostro cilindro,
cerchiamo di essere persone "accettabili", celando noi stessi, e ci permettiamo anche qualche conversazioni sulla superficie dell'acqua, mentre siamo immersi,"ma si dai, perchè no".
Quei discorsi sul tempo meterologico, mentre dentro per te il tempo è tutto tranne che nuvole e pioggia, freddo o calore, è qualche cosa di vivo, è un verme che divora la mela, con la sua voracità talvolta, ma con la sua flemma, in realtà divoratore costante, il resto percezioni.

In questo infinito e sconfinato oceano senza rive, senza spiaggie su cui si possano infrangere le onde, si ricerca un contatto.
Un abbraccio malinconico, che ti concedi, per te. Ti abbracci in un angolo antico, mentre i colori sono solo tonalità seppia di un vecchia e logora stampa fotografica.
E' solo in mezzo ad altre forme, percepisci di averne una tua.
Una tua forma che odi, nel vedere tutte quelle forme serene e spensierate navigare sul nulla.
Una tua forma che teme le tempeste, che teme l'acqua salata e il sole troppo intenso, quello di mezzogiorno, che picchia da lassù. Temi ti disidrati l'anima.
Poi invece odio quelle forme, così superficiali e spinte le une verso le altre senza opporre alcuna resistenza.



Sono quasi incredibili i modi che la mente impiega per interpretare la realtà,
i modi assurdi, le scuse che trova sempre, anche per le cose non giustificabili.
Si imbottisce di finte saggezze, di frasi dette da altri per potersi giustificare.
Ma da chi?
Da cosa?
Sempre e solo, da se stessa.
Giustificare se stessi attraverso i comportamenti degli altri.

_Percezioni alterate, spegno l'ennesimo mio vizio nel posa cenere, sorseggiando la calda bevanda nero pece che ridesta il fisico dal suo torpore, viaggio a duecento chilometri orari, sfidando la ragione_




_Sono solo, pecezioni alterate_


venerdì 1 gennaio 2010

unogennaioduemiladieci


Le mie due metà unite a forza in un mortale abbraccio.

Ho fatto una lunga camminata,
lunga.
Mi sono dimenticate che stavo camminando,
sono arrivata ai poli di ogni luogo,
senza mai addentrarmi in nessuno,
se non nella mia dimora.

Non so neppure se oggi esisto davvero
se sto dormendo
se sono sveglia.

Non riesco a formulare frasi per conversazioni,
forse non ne ho voglia.